Il 14 giugno abbiamo avuto l’onore di partecipare al talk organizzato da Rob de Matt, associazione di promozione sociale e bistrot che si occupa del reinserimento di persone in situazioni di fragilità. L’evento, supportato da WeWorld, ONG impegnata in Italia e nel mondo per i diritti di donne, bambini e bambine, era parte del ricco palinsesto di Dergano Pride.
È stato un incontro molto stimolante, ognuno ha portato il proprio pezzettino e, anche se a qualcuno non piacciono le etichette, si è respirata la possibilità di fare un’azione intersezionale.
Si può parlare di ciclo mestruale in modo intersezionale?
Quando abbiamo iniziato a lavorare al Podcast di Eva in Rosso, che poi si è trasformato in un’associazione, ci è stato chiaro che avremmo dovuto parlare di persone che mestruano. Dovevamo rivolgerci: alle donne, alle persone T, agli uomini e alle persone non binarie.
Ma come? Se hai il ciclo mestruale sei una donna, quando ti arrivano le prime mestruazioni (menarca) ti dicono “sei diventata signorina”, assorbenti e tamponi spesso vengono chiamati “presidi igienici femminili”, ergo se mestrui sei una donna. Ce lo siamo sentite dire, lo abbiamo letto nei commenti sotto alcuni post (e spesso erano donne a scriverlo): le mestruazioni sono una questione femminile.
Allora abbiamo riflettuto, ci siamo interrogate: “parlare di persone che mestruano avrebbe fatto sentire esclusa una parte di mondo che ha il ciclo?”
La nostra conclusione: NO. Considerare il ciclo mestruale una prerogativa femminile è un pensiero figlio di secoli di tabù, di discriminazioni e di vergogna. Quando, finalmente, si inizia a rompere il silenzio e si cerca di conquistare uno spazio, questo deve essere esclusivo. In altre parole, stiamo parlando del concetto della “coperta troppo corta”, come se parlare di persone che mestruano potesse togliere spazio alle donne che mestruano. Questo purtroppo è il meccanismo che spesso ci fa costruire recinti, nei quali ci rinchiudiamo per la paura che il terreno di condivisione sia un terreno perso, ma non è così o almeno non lo è per noi. 😎
Le mestruazioni hanno un impatto ambientale?
Una persona mestrua in media quarant’anni, usando nel corso della propria vita tra gli undicimila e i sedicimila assorbenti e tamponi. Gli assorbenti usa e getta di largo consumo sono composti al 90% di plastica ed un singolo assorbente ci mette 500 anni per decomporsi, rilasciando sostanze dannose per noi e per il pianeta. Questi pochi dati, anche perché non se ne trovano molti di più, ci fanno dire: “Sì, le mestruazioni hanno un impatto ambientale”.
Ma vogliamo essere oneste, noi per prime abbiamo pensato: “Chi se ne frega! Oltre ad avere la scocciatura di mestruare ogni mese dobbiamo anche sentirci in colpa perché inquiniamo?!”. Pensiero legittimo. La scelta del dispositivo è personale e in quanto tale deve prima di tutto far sentire a proprio agio. Detto ciò, esistono tante alternative ai prodotti usa e getta come: assorbenti lavabili, coppette mestruali e mutande assorbenti. Fare informazione su quali sono i diversi dispositivi reperibili sul mercato, dà la possibilità di fare una scelta libera e consapevole. Questo è uno dei nostri obiettivi, anche perché spesso le scelte che fanno bene al pianeta fanno bene anche a noi! 🌍😉
Secondo il World Forum Global Gender Gap Report 2023 ci vorranno 131 anni per raggiungere la parità di genere, la nostra sensazione è che, se non ci uniamo, ce ne vorranno molti di più.
Quindi buon attivismo intersezionale e buon Pride 🌈.